Cari amici,
nel Natale del 1223 in Assisi, San Francesco “inventò il Presepio” che è divenuto abituale nelle nostre case. Esso è più di una piacevole tradizione, esclusiva della nostra cultura, ma piuttosto un atto di devozione da parte di tutta la famiglia.
Dopo il rito della benedizione dei Bambinelli, avvenuto l’ultima domenica di Avvento, le figurine di Gesù Bambino si apprestano a comparire, come per incanto, nella capanna di sughero o compensato, con amore costruita da figli e genitori nel punto più importante dei nostri soggiorni.
In questa opera tutta la famiglia, insieme, ha veramente riprodotto l’evento più importante della storia dell’umanità.
Il 25 dicembre noi non ricordiamo un fatto del passato, come una vittoria, un compleanno, o una semplice ricorrenza. Noi “celebriamo” ciò che avviene ogni giorno, cioè la presenza di Gesù nel mondo, e continueremo a celebrarlo nella Santa Messa tutte le domeniche che verranno. San Francesco conosceva bene gli uomini e sapeva che, per credere, abbiamo bisogno anche di qualcosa di concreto che ci svegli dal nostro torpore spirituale, qualcosa di materiale che ci aiuti a formare, introiettare e “vedere” dentro di noi ciò che ci trascende. Come l’arte sacra dei grandi maestri, le figurine del Presepio sono il segno tangibile di ciò cui il nostro pensiero, da solo, non riesce ad attingere.
Il Presepio, però, è anche qualcosa di più.
Non ci limitiamo a guardarlo ed ammirarlo, come gli affreschi di Giotto nella stessa Assisi e a sentire sentimenti di edificazione. Il Presepio lo costruiamo noi stessi, grande o piccolo che sia, e quindi noi stessi diamo vita alla nostra devozione preparando per il Bambino Divino quella mangiatoia che lo accolse più di duemila anni orsono.
Insiti in questa devozione materiale sono i Valori e i Principi della nostra Fede e il Presepio funge da loro catalizzatore per aiutarci a riconoscerli, conservarli, attuarli. Essi ci giungono da un lontanissimo passato, cioè dal messaggio evangelico, ma anche dalla Creazione, Divina, da quell’impronta indelebile che Dio ha impresso nella Natura delle cose e degli uomini. La loro
Verità di oggi è riconoscibile in quel Bambinello. Il nostro compito è di conservarli intatti e traghettarli nel presente perché siano tramandati nel futuro, perché essi sono immortale rivelazione divina.
In questo i cristiani si distinguono, cioè nell’essere culturalmente dei conservatori di Valori e Principi rivelati, di non abbandonarsi al relativismo, da cui Benedetto XVI ci ha messo in guardia innumerevoli volte, ma di comprendere che essere conservatori significa invece avere consapevolezza del filo rosso che congiunge tutte le generazioni e che promana da una Rivelazione.
Il conservatore non è quindi un codino, un passatista o peggio un reazionario, tutt’altro. Per conservare e tramandare Valori e Principi attraverso il mutare dei tempi, della cultura, delle abitudini, occorre essere invece veri rivoluzionari, perseguire il cambiamento nella società e nei rapporti umani perché i nuovi assetti socio culturali siano sempre loro declinazione.
Tutta l’azione della Chiesa è improntata a questo sforzo. La conservazione del depositum fidei, compito del Pontefice romano, significa esattamente la conservazione di ciò che non può essere cambiato, ma deve sovraintendere anche al cambiamento dei tempi.
Il nostro augurio a tutti voi, e a noi stessi, è di saper discernere i veri fondamenti della nostra Fede e di agire nel mondo per attuarli e tramandarli.
Buon Natale!