L’incoronazione di Re Carlo III d’Inghilterra offre l’occasione per alcune riflessioni sul rapporto tra religione e società civile nella sua declinazione istituzionale e giuridica.
L’intera cerimonia è stata una vera e propria celebrazione religiosa, all’interno della quale si è inserita una celebrazione laica.
L’incipit della celebrazione è stato costituito dal riconoscimento pubblico da parte dell’Arcivescovo di Canterbury e dei segretari dei maggiori ordini inglesi che “indubitabilmente Carlo III è il re degli inglesi” e quindi la proclamazione della sua legittimità ad esserlo e a ricevere la corona.
Da tale premessa che inserisce formalmente il Re nella organizzazione giuridico costituzionale del Regno, scaturiscono e sono esaltate nella cerimonia conseguenze di ordine puramente spirituale. Innanzi tutto il principio assiomatico che, come Cristo è venuto in terra per servire e non essere servito, allo stesso modo il nuovo Re è servitore del suo popolo. E quindi le naturali conseguenze di tale posizione: il governare con giustizia, con misericordia e per il bene dei sudditi, al quale il Re è legato prima ancora che da un vincolo giuridico, da un legame d’amore puramente spirituale.
La celebrazione religiosa della incoronazione è la rappresentazione della inversione del percorso antico legittimante il potere, nel senso che esso non proviene da Dio, come nella concezione ,medievale, ma dagli uomini, meglio dalla società o popolo (da cui la proclamazione iniziale che Carlo è “indubitabilmente” il re degli inglesi scelto da questi) e ciò non ostante, l’esercizio concreto del suo regnare, e la condizione stessa che lo legittima, è la fedeltà alla legge di Dio e l’impegno del Re alla sequela di Cristo, nel senso che come Cristo si è incarnato per servire e non essere servito, allo stesso modo il Re accetta la corona per servire il popolo e non esserne servito.
Il tutto sugellato dal giuramento (I swar è la formula, cioè giuro solennemente) sulla Bibbia e dal bacio della stessa.
Il significato della cerimonia, che non bisogna dimenticare è anche Celebrazione dell’Eucarestia quindi rito sacramentale ad ogni effetto, è che essendo stata certificata dall’Arcivescovo e dai dignitari competenti l’origine certa della investitura popolare, il rapporto che si instaura tra Re e sudditi è di natura puramente spirituale e trascendente.
Non mancano nel rito i momenti in cui si ricorda che la legge attribuisce alla Chiesa d’Inghilterra determinati diritti e privilegi in quanto religione di Stato, ma al contempo nelle formule recitate dall’incordonando egli assume solennemente il compito di garantire la libertà di tutte le altre religioni professate nel regno. Ciò non contraddice il principio della religione di Stato, ma conferma che il Re accetta il legame spirituale non con una singola Fede e Religione, ma con il Sacro e il Trascendente in quanto tali, attribuiti propri e contenuto di ogni Religione, di là dalle differenze teologiche e pastorali tra di esse.
Questa è la visione del conservatorismo quanto ai rapporti tra Religione e Società. Essa si basa in sostanza sulla convinzione di una divisione di compiti tra lo Stato e la società civile. Il ruolo del primo è quello di proteggere la seconda dai nemici esterni e dai disordini interni. Non può essere solo una funzione di guardiano statico della società, poiché la società civile si fonda su forme di impegno e di partecipazione che devono essere rinnovate e attualizzate al mutamento dei tempi e della cultura.
Allo stesso tempo lo Stato non può limitarsi a garantire puramente il welfare, come nella visione socialista, perché l’impegno nella società e la produzione di ricchezza no dalle aggregazioni sociali dal basso, e non dall’imposizione statuale. Attraverso la protezione dai nemici esterni e dai disordini interni, lo Stato assicura il libero dispiegarsi delle energie civili.
L’ossessione della redistribuzione del reddito cioè della ricchezza, è l’espressione del materialismo che si è impadronito della nostra civiltà a causa del diffondersi della cultura materialista marxista, che riduce i rapporti umani a rapporti di produzione, obliterando la presenza e l’essenzialità dei Valori trascendenti.
La visione conservatrice, oggi seguita principalmente dalla cultura e dalla politica Britanniche, interpreta il ruolo dello Stato anche come realizzazione e attuazione di quei Valori legati alle cose che “il denaro non può comprare” con attenzione agli effetti della società moderna sui Valori più profondi
Il conservatorismo è quindi impegnato in una opera di preservazione e recupero dei costumi, delle istituzioni e delle forme di vita cui le persone sono legate e dalle quali esse ricevono i contenuti spirituali della loro vita sociale, in una parola i Valori tradizionali. L’aggettivo non è sinonimo di arcaico o passatista o codino, ma quello strettamente lessicale dal verbo latino tradere (consegnare). I Valori tradizionali sono quelli che di generazione in generazione sono stati tramandati, consegnati dall’una all’altra, perché se ne è riconosciuto la validità e il ruolo fondamentale e immortale, pur nella loro necessaria attualizzazione alla luce dei mutamenti sociali e culturali.
I Valori sono esattamente quelli che noi scopriamo Essi emergono dai nostri sforzi, compiuti nei secoli, di vivere insieme e di cooperare. I Valori si hanno perché noi stessi, la società, li creiamo attraverso la tradizione, i costumi, la responsabilità reciproca. In questa opera di creazione lo spirito religioso è determinante perché li svincola dalla materialità e fornisce loro un aggancio con il trascendente, li eleva a dimensione sacra della vita umana.
Non si tratta di avere una visione fideistica e collegata ad una determinata Fede o Religione, a fortiori nemmeno ad una credenza teista. Si tratta di accettare che la Religione, qualunque religione, il concetto stesso di Religione come rapporto con il Mistero inconoscibile, introduce nella vita il concetto del sacro e trascendente e svincola il nostro esistere da una dimensione puramente materiale.
I Valori nascono dalla riflessione che la società opera su se stessa e sui suoi modi di interagire l’un l’altro, ma non possono fare parte di un programma politico e quindi di una funzione dello Stato. Essi sfuggono e trascendono la visione puramente materialista della economia e della politica e quindi sfuggono alla funzione dello Stato. Questo ha sì il compito di ampliare gli spazi e soprattutto creare le occasioni in cui la società civile può progredire e prosperare, ma si arresta dinanzi a quella parte della vita della società civile basata non sul prezzo ma sul valore. Oscar Wilde definisce il cinico come l’”uomo che conosce il prezzo di tutto e ne ignora il valore”. Il conservatorismo protegge i Valori e non i prezzi.
Infatti, è proprio nel recupero e nella preservazione dei Valori tradizionali che emerge il ruolo del conservatorismo ai nostri giorni. La cerimonia cui abbiamo assistito ci insegna che non è la forma di governo che condiziona l’emergere dei Valori tradizionali e una visione spirituale del vivere sociale. Repubblica o Monarchia non sono che declinazioni giuridiche di una organizzazione statuale. Ciò che rileva è la visione trascendente, anche se in chiave laica o addirittura non credente, del nostro “stare insieme”.
Ancora una volta il conservatorismo liberale inglese ci indica la strada.
UMANESIMO
CRISTIANO
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Declinare i Valori Cristiani nella Società Aperta